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Le follie di Fatih, l’ultimo Imperatore ottomano

Non amo gli adulatori di José Mourinho, Zdenek Zeman, o di qualsiasi altro allenatore. Ma ho sempre avuto un debole per Fatih Terim. E’ anche per questo motivo che ho impiegato parecchio tempo per riprendere a scrivere, dovevo riprendermi dal lutto del suo esonero dal Galatasaray.
Camicia risvoltata, meglio se con qualche macchia di sudore e una catenina d’oro, e carnagione olivastra. Fatih Terim è più il malavitoso a cui affideresti qualche omicidio su commissione piuttosto che la panchina della tua squadra del cuore, ma se il suo appellativo è Imperatore un motivo ci sarà.
Grinta, orgoglio e calcio votato all’attacco sono i suoi ingredienti per il successo, da giocatore e, soprattutto, da allenatore. Il tutto mescolato con una grande quantità di follia, senza compromessi. Lo sa bene la dirigenza del Milan che lo ingaggiò nel 2001, tra conferenze stampa svolte in bermuda, pranzi di squadra interrotti per guardare il Grande Fratello, o sedute di allenamento saltate per colpa della saudade turca.
Se lo ricordano diversamente, invece, i tifosi che ancora lo rimpiangono, memori di un derby contro l’Inter vinto con 3 gol segnati in 6 minuti e qualcosa di simile allo sbilanciato calcio totale di Rinus Michels.
Prima dei rossoneri fu il popolo della Fiorentina ad amarlo, e qualche anno prima ancora i tifosi del Galatasaray, con cui ha vinto, allenando in più periodi, 12 titoli nazionali e una storica Coppa Uefa, primo e tuttora unico alloro europeo per un club turco, oltre ad acquistare addirittura qualche giocatore di tasca propria.
Il capolavoro di Terim, in ogni caso, riguarda la Nazionale turca, guidata alla prima storica qualificazione ai Campionati Europei nel 1996 e trascinata in semifinale nel 2008. Le gare in Austra-Svizzera con rimonta nei minuti finali, contro Repubblica Ceca e Croazia, rappresentano il suo manifesto calcistico; la seguente eliminazione al cospetto della Germania, con a disposizione 12 giocatori e il terzo portiere adattato attaccante (“Vista la situazione, non possiamo più permetterci di lasciare ai giocatori il lusso di scegliere la posizione nella quale giocare”), non ne scalfiscono lo status d’impresa. Gli improbabili Nihat Kahveci e Semih Şentürk diventano eroi nazionali per alcune notti, così come lo sono stati nel 2000 Hakan Sukur e Gheorghe Hagi con la maglia dei Cimbom.
“Quando eravamo in svantaggio alla fine del primo tempo, lui passava tutto l’intervallo a guardarci negli occhi, senza dire niente. E rimontavamo sempre” – assicurano i suoi vecchi giocatori, una secca risposta a chi accusa Fatih Terim di banale buona sorte.
A Istanbul nel 2008, tra il tripudio generale, viene proposta anche una statua in suo onore. Iniziativa però rispedita al mittente dal diretto interessato, che preferisce invece l’apertura di una scuola per i meno fortunati. Perché la spocchia mediterranea e le follie hanno davvero poco significato di fronte alla classe. E quella di un Imperatore non si può comprare.

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