#BegbieOnTour ep. 11 – La “sfiga” addosso: qualche ora tra Lisbona, Benfica e Béla Guttmann

#BegbieOnTour ep. 11 – La “sfiga” addosso: qualche ora tra Lisbona, Benfica e Béla Guttmann

La maledizione di Béla Guttmann al Benfica continua a tenere duro. Non c’è nulla che la fermi.
“D’ora in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per almeno 100 anni”, aveva esclamato l’allenatore ungherese il 1° maggio 1962. Teoricamente, dunque, mancano ancora parecchie stagioni per rivedere le Águias alzare un trofeo continentale. E l’atmosfera a Lisbona, tra i tifosi del Benfica, continua ad essere quella di una squadra colpita dal malocchio.
Sembra impossibile, ma chi ha avuto modo di visitare la città, viverla e assistere a una gara all’Estádio da Luz sa di cosa parlo. E’ qualcosa difficile da descrivere e decisamente masochistico, ma si percepisce già tra le strade di una capitale invischiata di per sé in una profonda crisi economica.

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Sono stato a Lisbona due volte, entrambe per una manciata di ore. Quanto basta per visitare i luoghi turistici e i quartieri popolari, per merito di un amico che vive nella capitale ormai da qualche anno, e assistere anche al derby tra Benfica e Sporting CP.
TheBegbieInside.com non esisteva ancora all’epoca, ma il mio ritorno a Lisbona in questi giorni mi ha dato la voglia di scriverne.

Il derby di Lisbona: Benfica-Sporting CP

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La partita a cui ho assistito è Benfica-Sporting CP del 22 aprile 2013, il “dinamico” Oscar Cardozo guidava l’attacco delle Águias, prime in classifica con 4 punti di vantaggio sul Porto a 5 giornate dal termine, e lo Sporting stava chiudendo il campionato fuori dalle coppe europee a causa di una crisi economica.
L’Estádio da Luz è praticamente sold-out, pronto per quella che potrebbe essere una vera e propria festa scudetto anticipata. L’atmosfera è da brividi e il fatto di essere vicino al settore ospiti rende la mia esperienza decisamente più adrenalinica. In ogni caso il Da Luz è uno di quegli stadi in grado di far tremare le gambe anche ai giocatori più navigati, oltre che a far esaltare anche il tifoso meno interessato.

Come ogni derby che si rispetti c’è molta tensione, ma la partita si sblocca già nel primo tempo con il gol di Salvio e viene chiusa nella ripresa da un’azione pazzesca targata Gaitan-Lima. E’ il delirio. Super Bock ovunque e la festa può cominciare, alla faccia del Porto.
Forse.
Perché da quel momento il Benfica butterà al vento l’intera stagione. In due settimane si fa recuperare 5 punti dal Porto, pareggiando con l’Estoril e perdendo lo scontro diretto la penultima giornata.
Quattro giorni più tardi perderà, manco a dirlo, la finale di Europa League 2-1 contro il Chelsea e, per chiudere in bellezza, quattordici giorni dopo verrà sconfitto anche nella finale di Coppa di Portogallo, sempre 2-1, in favore del Vitoria Guimaraes. Un incubo.

L’anno dopo, nel 2014, il Benfica ci torna anche a giocare la finale di Europa League, contro il Siviglia, ma il risultato non cambia. Questa volta sono i rigori a essere fatali alla squadra portoghese, in un loop di sconfitte quasi lynchiano.

Lisbona II: il ritorno

Ho lasciato Lisbona dopo lo psicodramma del 2013. Ci sono tornato pochi giorni fa. Il Benfica questa volta almeno è uscito a testa alta contro il Bayern Monaco in Champions League. Magra consolazione, ma considerando il recente passato forse è già un passo avanti.

La città colpisce sempre per l’infinito numero di bandiere, scritte sui muri, sciarpe e maglie del Benfica sparse praticamente ovunque, sintomo che il calcio, da queste parti, è una cosa seria e va ben oltre il campo da gioco, come testimonia il recente musical dedicato a Eusebio.

Basta camminare per strada per pochi minuti per capire quanto il Benfica sia venerato da queste parti e quanto l’estrazione popolare del club sia forte nonostante i 14 milioni di tifosi sparsi nel mondo e, di conseguenza, quanto numerosi siano i supporter-masochisti vittime più o meno consapevoli della maledizione di Béla Guttmann.
Non serve nemmeno andare allo stadio per rendersene conto. Dopo il derby di tre anni fa, questa volta è bastato infilarmi in un piccolo bar un venerdì pomeriggio per vivere da spettatore l’ennesimo dramma benfiquista.

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Mentre mi scolo una birra vengo distratto dal proprietario del locale e da un signore di mezza età concentrati a tifare Benfica davanti alla tv in una gara europea di Calcio a 5. Sono i minuti finali e i cambi di fronte sono emozionanti, quindi mi appassiono anch’io, anche se di Futsal capisco poco. Ho scoperto solo più tardi che si trattava della semifinale di Uefa Futsal Cup tra Benfica, appunto, e i russi dello Ugra Yugorsk. La partita finisce in pari.
Si va ai calci di rigore. Gol. Gol. Gol. Gol. Parato!
Hanno perso ancora. Hanno perso anche a Futsal.
Nel bar siamo in quattro, ma il silenzio che scende dopo la sconfitta è qualcosa di surreale. Il barista non dice più una parola, il signore di mezza età lascia la birra a metà e abbandona il locale senza fiatare.

Il fantasma di Béla Guttmann viaggia ancora da queste parti. Piaccia o no.

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