Se dovessi andare in guerra, vorrei sempre Rüştü al mio fianco.
Se dovessi giocare una partita di calcio, vorrei un portiere che sappia uscire meglio di lui.
Rüştü è il classico portiere di cui ti innamori da osservatore distaccato, ma che finisci per odiare nel caso in cui dovesse essere il portiere della tua squadra del cuore.
Capelli lunghi e tintura nera sotto gli occhi, per evitare il riverbero della luce dei riflettori, ma anche per incutere timore agli attaccanti come un vero guerriero. Carismatico, ma anche perennemente sopra le righe. Se Ed Warner avesse un alter ego nella realtà, sarebbe impersonato da Rüştü Reçber. E non è un caso che il suo idolo fosse Peter Schmeichel. “Ho realizzato il sogno di giocare contro di lui a Euro 96 – svela Rüştü in un’intervista a Uefa.com – e poi con il Fenerbahce contro il Manchester United”.
Un eroe in Turchia e una meteora lontano dalla patria, penalizzato dalla lingua e dall’ambientamento nei principali campionati europei, come Hakan Şükür, Emre Belözoğlu e tanti altri calciatori turchi.
Fino a 17 anni ha giocato da ala destra, finché, sotto pressione dell’allenatore, non ha deciso di spostarsi in porta. Mai scelta fu più azzeccata, perché i piedi di Rüştü restano per tutta la sua carriera tutt’altro che vellutati ogni volta che viene chiamato in causa con un retropassaggio, ma tra i pali i suoi riflessi sono sorprendenti.
Fatih Terim, all’epoca ct della Nazionale Under 21, lo segnala alle tre big di Istanbul e, dopo un passaggio al Beşiktaş sfumato a causa di un incidente stradale, Rüştü firma per il Fenerbahce nel 1994, dopo essere stato da sempre un tifoso del Galatasaray.
Il Fenerbahce, la fascia da capitano e la rivolta dei tifosi
In breve tempo Rüştü diventa il titolare della squadra e conquista la Nazionale maggiore. Diventerà rapidamente anche il capitano del Fenerbahce, con cui vincerà il campionato nel 1996. Ma l’anno successivo, dopo una stagione fallimentare, 5000 tifosi del Fenerbahce invadono il centro sportivo del club a caccia dei giocatori, circondando l’auto di Rüştü, che si dimetterà da capitano. It’s Turkey, bitch!
La sua carriera, in compenso, proseguirà ancora con altre soddisfazioni, come la vittoria del campionato nel 2001, un ottimo trampolino di lancio per ciò che sarà la sua consacrazione definitiva: la Coppa del Mondo 2002.
327 minuti di imbattibilità
È la miracolosa Turchia allenata da Senol Günes, giunta terza, con uno spogliatoio spaccato in due tra musulmani osservanti e non, la cresta di Ümit Davala, i gol di Hakan Sükür, che segnerà quello più veloce in un Mondiale, e le parate di Rüştü Reçber.
Solo il Brasile Campione del Mondo riuscirà a sconfiggere la Turchia, nella fase a gironi e nella semifinale, ponendo fine con un gol di punta di Ronaldo all’imbattibilità di Rüştü durata 327 minuti nel torneo. “Abbiamo tirato in tutti i modi, ma non c’era modo di segnare – racconterà Ronaldo a fine partita – dovevo sorprenderlo in qualche modo, altrimenti non avremmo mai segnato”.
Le prestazioni di Rüştü sono sotto gli occhi di tutti, viene inserito nella Top 11 del Mondiale della FIFA e nel Team of the Year dell’UEFA, è arrivato il momento del grande salto.
“Nella vita ci sono tre lingue universali: musica, sesso e calcio”
Tanti grandi club lo vogliono, il primo è l’Arsenal di Arsene Wenger, ma le trattative si fermeranno bruscamente per scelta di Rüştü, esasperato dai dubbi del tecnico francese sulle condizioni della schiena del portiere, che già avevano rischiato di fargli saltare il Mondiale. “Era ossessionato, continuava a chiedermi come stavo e se avevo dei problemi fisici”.
Nel 2003 Rüştü firma per il Barcellona, è il primo acquisto della storica era di Joan Laporta. Seguiranno gli arrivi di Ronaldinho, Ricardo Quaresma, Rafa Marquez e Frank Rijkaard come allenatore.
Ma la nuova avventura di Rüştü parte subito in salita già dal precampionato e dalle prime uscite ufficiali del Barcellona, dove dopo qualche errore di troppo viene alternato a un giovane Victor Valdes.
Viene accusato di non riuscire a dialogare con i compagni di reparto. Tutte le volte che arriva un retropassaggio dalle sue parti il Camp Nou ha un sussulto, in più è fortemente penalizzato dalla limitazione imposta sul numero di extracomunitari schierabili: con Ronaldinho, Marquez e Saviola decisamente più avanti nelle gerarchie di Rijkaard, che lo attaccherà pubblicamente di non aver imparato lo spagnolo.
La risposta di Rüştü, che effettivamente è sempre accompagnato da un interprete, non si farà attendere: “Nella vita ci sono tre lingue universali: musica, sesso e calcio. Non è normale per un portiere della mia storia e del mio calibro essere lasciato in panchina perché non parlo spagnolo”, una dichiarazione che di fatto porrà fine alla sua esperienza catalana dopo sole quattro presenze ufficiali. L’unico con cui legherà sarà Ronaldinho che, nel tentativo di tirarlo su di morale e inserirlo nel gruppo, imparerà qualche parola di turco.
Il ritorno in Turchia
L’anno successivo torna al Fenerbahce, dove però sarà ben presto insidiato da un giovane portiere in rampa di lancio: Volkan Demirel, che gli toglierà il posto da titolare anche in Nazionale.
È proprio con la Turchia, comunque, che Rüştü conquisterà, nel bene e nel male, nuovamente la ribalta internazionale.
Ai quarti di finale di Euro 2008 contro la Croazia, Rüştü, a 35 anni, è titolare in una squadra decimata da squalifiche e infortuni. Al 119′ minuto, a causa di un’uscita inspiegabile fuori dall’area di rigore, Rüştü si fa trafiggere da Klasnic in quello che sembra il gol che mette fine alla partita. Ciò che accade dopo, è quello che rende il calcio al tempo stesso lo sport più bello e più brutto che sia mai esistito.
Pochi secondi dopo il vantaggio croato, Rüştü lancia un pallone disperato in avanti, come ha fatto per anni nel Fenerbahce nei momenti complicati, verso Semih Şentürk, che stoppa e tira una sassata sotto la traversa: 1-1 all’ultimo secondo dei supplementari.
Ai rigori sbagliano Modric, Rakitic e Rüştü para il rigore di Petric. La Turchia è in semifinale e Rüştü, dopo una papera clamorosa, è ancora una volta un eroe.
La storia si ripete nella semifinale contro la Germania, dove la Turchia dà battaglia fino all’ultimo, ma deve arrendersi per 3-2, anche dopo l’ennesima uscita a vuoto di Rüştü sul gol di Miroslav Klose.
“Avrei voluto chiudere la mia carriera con la maglia del Barcellona”, racconterà Rüştü, ma il destino di un guerriero, si sa, è sempre impronosticabile, tanto da portare il portiere l’anno prima dell’Europeo 2008 a firmare, questa volta veramente, con gli odiati rivali del Beşiktaş, scatenando ancora una volta le ire dei tifosi del Fener.
Con i bianconeri sarà ancora protagonista vincendo due coppe di Turchia e un campionato che mancava al club da sei stagioni, prima di chiudere la carriera nel 2012 a 39 anni, con il record di presenze in Nazionale.
I capelli ora non sono più lunghi, sembrano quelli di plastica di un personaggio da televendita mattutina, o di un politico di seconda fascia, e i segni neri sotto gli occhi si sono trasformati in iniezioni di botox per stare al passo con la moglie influencer, ma non fatevi ingannare dalle apparenze.
Se fosse un rigore parato a decidere le mie sorti, vorrei ancora lui tra i pali.