Quando Colin Shindler nel 1998 scrisse “La mia vita rovinata dal Manchester United” non aveva fatto i conti con ciò che sarebbe successo di lì a poco. Non mi riferisco certo ai milioni dello sceicco Mansur, ma a qualcosa che i suoi soldi non riusciranno a comprare: la storia di un attaccante bermudiano divenuto eroe dei Citizens. La storia di Shaun Goater.
Shaun Goater da Hamilton
Rewind. Come diavolo ha fatto un ragazzo nato e cresciuto nelle isole Bermuda a finire nel calcio inglese? La risposta è semplice quanto surreale al giorno d’oggi. Lo notò e lo portò in Inghilterra il Manchester United nel 1988, dopo una tournée che passava dalle parti di Hamilton, capitale delle Bermuda da 1.010 abitanti.
La carriera di Goater, appena diciottenne, inizia così nelle fila del settore giovanile dello United, non senza qualche problema di adattamento. “E’ stata davvero dura, in particolare a causa del meteo – racconterà Goater a fine carriera a ESPN – faceva molto freddo a Manchester e non riuscivo a capire come la gente riuscisse a conviverci. L’altro problema riguardava il ritmo e l’intensità di gioco. Andavano tutti a cento all’ora. Ricordo ancora un allenamento specifico sui tiri con la prima squadra. Sbagliai una prima occasione nitida e mi misi a sorridere, ne sbagliai una seconda e continuai a ridere. Non potevo credere di aver sbagliato in maniera così clamorosa. Sir Alex Ferguson si avvicinò e mi disse: ‘Se ridi ancora una volta dopo una facile occasione mancata ti spediamo sul prossimo aereo di ritorno per le Bermuda’. Non c’era spazio per il divertimento. Era una cosa seria. Per fortuna nel resto della mia carriera mi sono rifatto”.
“Feed the Goat”
Fast Forward. Goater non debuttò mai con la prima squadra del Manchester United, la sua vera e propria carriera in Inghilterra iniziò nel Rotherham United, Quarta Divisione inglese, dove qualche piccola soddisfazione inizia a togliersela. 86 reti in 262 presenze, che gli valgono dopo sette stagioni e dopo una lite con il tecnico del Rotherham United Archie Gemmil (sì, quello citato da Renton in Trainspotting, ndr) la chiamata del Bristol City, in Seconda Divisione.
Shaun si è ormai ambientato e in due stagioni con la maglia dei Robins segna 40 gol in 81 gare, una media da cecchino. Il Manchester City nel mercato invernale del 1998, in uno dei periodi più bui della sua storia, s’invaghisce di lui e lo acquista per evitare la retrocessione in Seconda Divisione. Goater segna 3 reti in 7 partite, ma non bastano per salvare i Citizens.
E’ il 1998 e il Manchester City è in Seconda Divisione inglese, l’equivalente della nostra Lega Pro, ma ha in Shaun Goater un autentico trascinatore. 21 gol e promozione in First Division alla prima stagione completa con il City, 29 gol l’anno successivo con il tanto sognato approdo in Premier League a 30 anni. I fan lo adorano, gli dedicano un coro: “Feed The Goat And He Will Score”, le isole Bermuda gli dedicano addirittura una Festa Nazionale il 21 giugno di ogni anno. La storia di Goater inizia ad avere qualcosa di magico e memorabile. Ma non è ancora finita.
La rivincita di Goater contro il Manchester United e contro tutti
Play. L’avventura in Premier League di Shaun Goater non si apre esattamente nel migliore dei modi, sia a livello personale sia a livello di squadra. L’attaccante bermudiano è chiuso dall’arrivo di Paul Wanchope e George Weah, ma soprattutto il Manchester City lotta disperatamente per non retrocedere. Goater, comunque, si fa spesso trovare pronto e raggiunge quota 11 reti stagionali, che però non bastano a evitare il ritorno del club nell’inferno della First Division. Ci vorranno due campionati e oltre 30 gol stagionali di ‘The Goat’ per rivedere i Citizens nella maggiore serie inglese nel 2001-2002.
A insidiare Goater nel reparto offensivo questa volta sono Jon Macken e Nicolas Anelka, ma la concorrenza ormai non scalfisce più di tanto il suo status di beniamino della tifoseria.
Il 9 novembre 2002 sono Goater e Anelka a comporre il tandem d’attacco in uno dei derby contro il Manchester United più memorabili. E’ l’ultimo derby giocato a Maine Road, lo storico impianto del Manchester City, a cui la vittoria nella stracittadina manca da 13 anni.
I Citizens partono forte e Anelka sbaglia una facile occasione da solo davanti a Barthez, ma la carica dei 35mila del Maine Road non si esaurisce. Anelka lancia Goater in contropiede, Goater prova un diagonale, Barthez respinge, Anelka ribadisce in rete. Il Manchester City è in vantaggio. Solskjaer pareggia poco dopo, ma l’epilogo di questa gara dev’essere diverso dal solito.
E’ destino, è fottuta giustizia divina.
Goater si fionda su una palla innocua che Gary Neville sta accompagnando in rimessa dal fondo, la ruba e trafigge Barthez con un gran diagonale. Il City crede nella storica impresa. Nel secondo tempo un altro errore difensivo del Manchester United permette al City di chiudere i conti con uno splendido triangolo tutto di prima. Segna ancora Goater, che realizza il centesimo gol con la maglia dei Citizens e ripaga nella maniera più bella il suo difficile avvio di carriera nella squadra rivale e l’infinita gavetta nella serie inferiori. Per i Red Devils è notte fonda.
Il Manchester City di Schmeichel, Dunne, Wiekens, Mettomo, Jihai, Berkovic, Wright-Phillips, Foe, Tiatto, Horlock, Jensen, Anelka e Goater (103 gol in 212 partite con gli Sky Blues) ha sconfitto lo United nell’ultimo storico derby giocato nello stadio di casa.
Al triplice fischio i telecronisti inglesi esclameranno: “Stiamo trasmettendo le immagini del Manchester City che ha sconfitto il Manchester United nell’ultimo derby a Maine Road, un ricordo che dura una vita”. Ma la cosa più emozionante è una targa che recita: “End of an Era”, a distanza di una quindicina d’anni non c’è nulla di più veritiero e toccante.